LA BIGA DI MONTELEONE DI SPOLETO, TRA STORIA E LEGGENDA
Dalla Valnerina agli Stati Uniti d’America, quando la bellezza volò oltreoceano
di Paolo A.
Conoscete la storia della Biga di Monteleone di Spoleto e di quel filo sottile che unisce la storia alla leggenda? Si narra che venne ritrovata da un contadino mentre era impegnato nei lavori dei campi. Successivamente la vendette ai mercanti d’arte di Firenze per volare Oltreoceano.
STORIA DELLA BIGA DI MONTELEONE DI SPOLETO
La Biga, “carro da parata e da corteo”, fu prodotta intorno al secondo quarto del VI secolo avanti Cristo. Era in legno di noce interamente rivestita di lamine di bronzo dorato, lavorato a sbalzo e con il corpo centrale chiuso da tre pannelli dai bordi arrotondati e curvilinei decorati con scene a carattere eroico. Dal 1903 la Biga di Monteleone di Spoleto è esposta al Metropolitan Museum of Art di New York. Nel 2004 il Comune di Spoleto ne ha ufficialmente chiesto la restituzione poiché ritiene che sia stata trafugata. All’interno del complesso di San Francesco, nel cuore del borgo, è possibile ammirarne una pregevole riproduzione, espressione di grande rilievo della scuola d’arte del Maestro Giacomo Manzù.
Un ritrovamento eccezionale
Di fattura greco-ionica, come ci indicano gli ultimi studi (le decorazioni in bronzo, fanno pensare all’opera di un’artista di quel periodo trasferitosi in Etruria), fu rinvenuta in ottimo stato di conservazione, in una tomba a tumulo in località “Colle del Capitano” nel febbraio del 1902 dagli abitanti del posto, durante i lavori di sterro. Sepolti con la Biga c’erano i corpi di un uomo e di una donna, oltre ad un ricchissimo corredo funerario successivamente datato intorno al 530 avanti Cristo. Agli archeologi, è stato possibile dare un’interpretazione delle scene rappresentante sui tre pannelli che compongono il corpo centrale della Biga, facendo riferimento ai vasi greci dove i personaggi sono identificati dai nomi.
Il pannello centrale e la consegna delle armi
Sul pannello centrale la donna che veste un lungo chitone ed ha un mantello poggiato sulla testa è Teti, che consegna le armi divine (uno scudo bilobato ed un elmo sormontato da una testa d’ariete, forgiata da Efeso) al figlio Achille, rappresentato con la barba, i capelli lunghi caratterizzati da una serie di riccioli piatti che gli cadono sulle spalle, con indosso un corto chitone e dei gambali, mentre due uccelli piombano dall’alto annunciando a Teti che il figlio morirà (l’uccello posto sulla sinistra) e ad Achille che si coprirà di gloria (l’uccello sulla destra).
Il pannello di destra e la furia del semidio Achille
Sul pannello di destra il guerriero greco Achille – detto il Pèlide -, personaggio principale dell’Iliade di Omero combatte contro il re degli Etiopi, Memnone, nipote di Priamo re di Troia e figlio di Eos, per vendicare l’uccisione dell’amico Antiloco. Un particolare colpisce l’osservatore: la punta della lancia di Memnone si piega contro l’elmo divino di Achille. La stessa scena si ripete su una delle coppe di vino oggi custodite nel Museo di Napoli, trattasi di un skyphòs del VI secolo.
Il pannello di sinistra e la morte del Pèlide
Sul pannello di sinistra Achille, al culmine della gloria, muore su un carro trainato dai cavalli alati Balio e Xanto, raggiungendo come semidio l’isola dei Beati. Sotto il carro giace la più giovane tra le figlie di Priamo: Polissena, sacrificata affinché gli dei garantissero alle navi dei Greci un felice ritorno in patria.